In questi giorni il tema dell’ amore sotto forma di protezione ha accompagnato le mie riflessioni e i “viaggi” dentro di me. Sono emerse domande come: chi va protetto? quando? fino a che punto? chi protegge? e da chi si protegge o ci proteggiamo? a che cosa ci serve? che cosa rende possibile e che cosa invece impedisce? Che cosa ci perdiamo se rimaniamo nella protezione o secontinuiamo a proteggere? Grande insegnante mia figlia, il momento che sta vivendo e ciò che io sto esprimendo in relazione a ciò
Ogni volta che si pone o che ci si pone una domanda ci si affida: qualcosa o qualcuno ci risponderà e intanto un mondo si muove dentro di noi. “Chiedere e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perchè chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Matteo, 7,7-12).
Se ci pensiamo quando proteggiamo qualcosa o qualcuno (compresi noi stessi) ci rapportiamo e vediamo quel qualcosa come piccolo, indifeso, che ha un bisogno di qualcuno che si occupi di lui/lei perchè da solo non è in grado. Stiamo pensando che ciò con cui entrerà in contatto sarà troppo difficile, troppo forte o travolgente e noi vogliamo proteggere. Siamo in contatto con questi archetipi: il bambino, il ferito, il colpevole. E’ questi archetipi che vediamo e che quindi “viviamo” dentro e di conseguenza esprimiamo fuori di noi. Crediamo di dover crescere, cambiare, educare, far evolvere, far capire, far vedere…insomma qualcosa va fatto. Entriamo e stiamo nell’ agire e nel controllo.
Interessante osservare anche che cosa ci perdiamo? che cosa non riusciamo a osservare? Da questa visione in cui siamo non vediamo la sua forza, la capacità, il potere. A un livello più ampio non stiamo contattando la fiducia nell’ Esistenza, il credere che non c ‘è dolore che un Anima non possa trasformare.
Vi porto nel mio mondo fatto di immagini …se pensate a qualcosa che protegge , ad una campana ad esempio, che sensazioni arrivano nel vostro corpo e che cosa osservate in quell’ immagine se guardate meglio??
La campana chiude, comprime, dopo un pò manca l’ aria, l’ ossigeno (che è vita), tutto si ferma, niente si “sente” sotto una campana di vetro, c’ è solitudine, niente accade, nè di bello nè di brutto. Tutto resta fuori. Si è vero protegge, ma chi sta dentro piano piano crescendo si schiaccia, è costretto a ripiegarsi su di se, a contorcersi, piano piano quel fiore perde i petali , come nella fiaba “la bella e la bestia”, e muore.
Proteggere è una forma di amore si, ma deve anche lasciare spazio; va bene per un pò di tempo, in una fase, in un periodo.. serve per curare, per prendersi cura ma non deve inibire, e soprattutto a un certo punto bisogna alzare quella campana. Lasciare che sia il sole quanto le tempeste a far crescere la pianta. Benvenuta sia la rugiada cosi come gli acquazzoni. Il bambino impara a camminare cadendo e rialzandosi.
In fondo si fa così anche per i semi, prima si mettono in un piccolo vaso , al riparo, protetti, si custodiscono, si aiutano a germogliare. Poi un pò cresciuta, la pianta si trapianta in campo aperto e si affida, alla Vita, alla natura. Si resta ad osservare la crescita, intervenendo solo se è di nuovo necessaria un pò di protezione.
Credo che la nostra percezione e quindi cio’ che viviamo cambia e può cambiare completamente se smettiamo di proteggere anche quando non ce ne è più bisogno, se ci diciamo che “la guerra è finita”, che quell’ esperienza è conclusa, riconosciamo che quel tempo è finito e che è tempo di amare di un amore che eleva, che permette la fioritura e l’ autonomia, l’ incontro con il Divino.
E’ tempo di osservare e quindi di viversi l’ adulto (in noi e nell’altro) che ha compiuto scelte e che non ha bisogno di essere protetto, ma celebrato e rispettato, esattamente come quando sboccia un fiore nel nostro giardino. Perchè cambiare quelle scelte, per essere altro, è solo propria responsabilità.
Questo credo sia il nostro compito di adesso.
Non è più tempo di bambini/maghi ma è tempo di adulti/osservatori/creatori del loro mondo, interiore ed esteriore.