COSA RAPPRESENTA PER NOI L’ ALTRO?

Durante il percorso di formazione in biodinamica craniosacrale quello in cui ci alleniamo molto è “stare”, ovvero ascoltare e sostenere l’ altro senza “fare” ma rimanendo fermi e in Quiete, affinchè anche il suo sistema possa assestarsi e ritrovare il suo equilibrio.

Per chi ne riceve una sessione l’ altro, in questo caso l’ operatore, rappresenta un punto fermo: le pareti di un contenitore dentro il quale possiamo sentirci più liberi di esprimerci e più forti perchè, proprio sentendoci limitati e contenuti, si crea una forza in opposizione che fa si che la potenza, di ciò che accade dentro, si intensifichi.

Questo, se ci pensiamo, è ciò che abbiamo già vissuto durante il nostro stadio embrionale (ci formiamo proprio grazie a forze che oppongono resistenza) e per tutti i 9 mesi al sicuro nella pancia della mamma. Prosegue dopo la nascita fra le sue braccia, quando ci prendeva in braccio e conteneva i nostri pianti, ci cullava….e noi ritrovavamo la Quiete. E’ proprio attraverso lo sguardo, attraverso il contatto con la sua pelle che piano piano il pianto si faceva più calmo e noi riprendevamo a respirare tranquillamente. Ciò accade anche oggi, da adulti, quando abbiamo bisogno di conforto e ci rifugiamo fra le braccia di qualcuno.

La teoria polivagale che S. Porges elaborò negli anni 90 ripensa il funzionamento del Sistema Nervoso Autonomo non in termini di antagonismo tra il sistema simpatico e parasimpatico, bensì in termini di gerarchie di risposta in caso di pericolo. La sua teoria mette al centro il concetto di sicurezza degli esseri umani ed evidenzia la suddivisione del nervo vago in un ramo dorsale (responsabile dell’ immobilizzazione e dissociazione in caso di pericolo) e un ramo ventrale che riguarda invece il nostro sistema di coinvolgimento sociale. Questa teoria porta alla comprensione del fatto che connettersi e co-regolarsi con gli altri rappresenta il nostro imperativo biologico, ovvero un bisogno che dobbiamo assolutamente soddisfare per continuare la nostra esistenza, e proprio per questo imperativo biologico di connessione che dobbiamo cercare di far sentire gli altri al sicuro! Se ci pensiamo in effetti quello che cerchiamo da sempre, tutti, è proprio LA SICUREZZA: economica, lavorativa, territoriale, relazionale…

Ecco che da adulti, l’ altro rappresenta una possibilità. Di crescita, di osservazione, di guardarsi allo specchio. E’ attraverso la relazione con l’ altro, il suo tenermi di fronte uno specchio (di ciò che meno mi piace di me o che faccio più fatica ad osservare) che ho finalmente la possibilità di volgere il mio sguardo dentro di me e, di nuovo, sperimentare l’ autoregolazione che porta Quiete e guarigione.

Un’ occasione di crescita, un cammino da percorrere fianco a fianco, per un breve o lungo periodo non importa, finchè necessario, a volte anche solo la durata di uno sguardo. L’altro non deve rappresentare per noi un capo espiatorio o qualcuno a cui dare la colpa di ciò che ci accade o di ciò che stiamo vivendo. Non sarà ciò che lui ci dice o ci racconta a causare in noi un certo stato d’animo, piuttosto sarà l ‘occasione che qualcosa emerga per essere finalmente osservato, compreso e lasciato andare. Non è la causa e nemmeno la salvezza. Non è nostro padre ne nostra madre, pertanto non può ne creare ne sanare ciò che con loro abbiamo o non abbiamo vissuto.

L’altro è sempre una ricchezza, non ci completa, ( siamo già completi fin dalla nascita) ma ci sostiene e rende possibile la nostra crescita.

Questo mi auguro rappresenti sempre l’ altro per me.

Proteggere

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